Beatrijs. La leggenda della sacrestana
(2004)–Anoniem Beatrijs– Auteursrechtelijk beschermd
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su dati di archivio, lo identifica con un monaco del monastero cistercense di Baudelo, nelle Fiandre, il quale a sua volta, come narrato nei versi 14-15 (‘Broeder Ghijsbrecht, een begheven Willemijn’) avrebbe appreso il racconto da un monaco guglielmita. Tuttavia G.J. VroeijensteinGa naar voetnoot4 ipotizza che Broeder Ghijsbrecht possa essere una figura fittizia, introdotta con lo scopo di mantenere anonima l'identità dell'autore. Non si esclude dunque che questo personaggio sia semplicemente il frutto di una finzione letteraria; al di là di questo tuttavia risulta importante definirne la funzione. Nel caso in cui l'autore di Beatrijs sia un ecclesiastico, la figura del monaco acquista il rilievo necessario a mantenere nell'ombra la reale identità; questo espediente va interpretato quale segno di umiltà da parte di un religioso che intendeva dare più importanza al contenuto dell'opera che non alla propria persona. Al contrario, nel caso in cui l'autore sia stato un laico, l'anonimato sarebbe giustificato dal suo stato laicale, che avrebbe reso poco credibile il messaggio trasmesso, volto ad esaltare gli ideali della vita monastica. Dunque in questo caso non si tratterebbe di un segno di umiltà, bensì di una necessità dettata dalle circostanzeGa naar voetnoot5. L'identificazione precisa è ovviamente impossibile, limitata com'è dalla mancanza di riscontri e di strette affinità con altre opere letterarie. Si può tuttavia tentare di tracciare un profilo della cultura posseduta dall'anonimo autore, cercando così di collocarlo all'interno di una specifica categoria sociale. Il LulofsGa naar voetnoot6 nella sua edizione di Beatrijs ha tentato alcuni anni fa di rkondurre la figura della sacrestana al codice dell'amore cortese, cioè al De Arte Honeste Amandi di Andrea Cappellano (fine XII/inizio XIII secolo). Questa tesi è stata respinta da | |
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KazemierGa naar voetnoot7 perché, a suo giudizio, la figura della protagonista presenterebbe per moiti versi un'etica che si discosta dagli stilemi della letteratura cortese. Ciò è tuttavia vero fino ad un certo punto, in quanto l'intera vicenda si svolge in un clima di stampo cortese e la protagonista stessa, definita in apertura del poema ‘hovesche ende subtijl van zeden’Ga naar voetnoot8 (v. 19), in alcuni atteggiamenti sceglie deliberatamente di seguire un'etica cavalleresca, profondamente lontana da comportamenti volgari, in particolare nel proprio modo di amare (cfr. vv. 345-364). Come già detto, l'ipotesi secondo la quale Heyne van Aken sarebbe l'autore troverebbe conferma nel fatto che l'opera si ispira anche al concetto di minne (‘amore’), non limitandosi alla visione mariana del sentimento, ma interpretandolo nella duplice accezione profana e sacra che questo aveva assunto nel Duecento. Questa duplice forma di amore permea tutta l'opera, motivandone gli avvenimenti e le soluzioni: è l'amore inteso in senso profano a condurre la protagonista tra le insidie del mondo, ed è l'amore nella sua manifestazione divina che poi la farà tornare alla pace del convento. Sono riscontrabili nell'opera alcuni topoi tipici della lirica provenzale, caratterizzanti la cultura più raffinata del Duecento, e proprio per questo insoliti da riscontrare in un monaco, se si esclude la possibilità che abbia potuto attingere ad una fonte latina o vivere presso un centro culturale di primo piano, quale ad esempio la città di Gent, sede della corte dei conti di Fiandra. Questo dato suffragherebbe la possibilità che l'autore sia stato uno dei funzionari amministrativi di tale corte, come il già citato Diederik van AssenedeGa naar voetnoot9. È del resto lecito pensare ad un autore non ecclesiastico, in base anche ad alcuni precedenti: valga quale esempio famoso il caso di Jacob van Maerlant (ca. 1235 - ca. 1300), un laico legato alla corte di Albrecht van Voorne, la cui produzione spaziava dalla letteratura cortese a quella didascalica e a quella religiosa. |
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