Oeuvres complètes. Tome III. Correspondance 1660-1661
(1890)–Christiaan Huygens– Auteursrecht onbekend
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No 673c.
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mano del Signor Ortensio riceverei copia della risoluzione di essi Signori Illustrissimi e Potentissimi, la quale però non mi è pervenuta, mancandoci l'autenticazione del Signor Cornelio MuschGa naar voetnoot3) di cotesti Potentissimi Signori degno Grafiario, cioè (come credo in nostra lingua) Cancelliere: contuttociò non voglio restar di dare quella maggior soddisfazione, che al presente mi sarà conceduto alle domande e ai dubbi, che mi vengono promossi sopra la pratica usuale della mia invenzione, per il ritrovamento delle Longitudini tanto in mare, quanto in terra. Il dubbio, che principalmente vien promosso da Vostra Signoria Illustrissima per quanto mi significa il Signor Ortensio, è circa il potersi adoperare il Telescopio in nave, la quale per le fluttuazioni dell' onde non sia per permettere di poter fare le debite osservazioni intorno ai Satelliti di Giove. La seconda difficultà, pure dal medesimo Signor Ortensio addotta, è il mancare in coteste parti Telescopj di tanta perfezione, che basti per ben distinguere le piccoline Stelle concomitanti il Pianeta di Giove. Domanda l'istesso Signor Ortensio tavole e modo di usarle per poter esattamente calculare di tempo in tempo i movimenti, ed in conseguenza gli aspetti delle medesime piccole Stelle. Richiede, oltre a ciò, la fabbrica dell' Orologio da me proposto di tanta esquisitezza, che basti per numerare le parti del tempo, ancorchè menomissime, senza errore alcuno in tutti i luoghi, ed in tutte le stagioni dell' anno. Quanto alla prima difficultà, non è dubbio che si rappresenta essere la maggiore, alla quale però credo aver posto rimedio nelle mediocri commozioni della nave, e tanto dee bastare, attesochè nelle grandi agitazioni e tempeste, che il più delle volte tolgono anco la vista del Sole, non che dell' altre Stelle, cessano tutte l'altre osservazioni, anzi pure tutti gli offizj marinareschi. Però nelle mediocri agitazioni penso potersi ridurre lo stato di quello, che dee fare l'osservazioni, ad una placidità simile alla tranquillità e bonaccia del mare. E per conseguire un tal benefizio ho pensato di collocare l'osservatore in luogo talmente preparato nella nave, che non solamente le commozioni da prua a poppa, ma nè manco le laterali delle bande sieno punto sentite. Ed il mio pensiero ha tal fondamento. Se la nave stesse sempre in acqua placidissima, e nulla fluttuante, non è dubbio che l'uso del Telescopio sarebbe egualmente facile, che in terra ferma. Ora io voglio costituire l'osservatore in una piccola nave collocata nella nave grande, la quale piccola nave abbia dentro una quantità d'acqua conforme al bisogno, che appresso dirò. Qui primieramente è manifesto, che l'acqua nel piccolo vaso contenuta, ancorchè la gran | |
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nave inclini o reclini a destra ed a sinistra, innanzi e indietro, si conserverà sempre equilibrata senza mai alzarsi o abbassarsi in alcuna delle sue parti, ma si conserverà sempre parallela all' orizonte di modo, che se in questa piccola nave noi ne costituissimo un' altra minore, galleggiante nell' acqua contenuta, verrebbe a ritrovarsi in un mare placidissimo, ed in conseguenza starebbe senza fluttuare. E questa seconda navicella ha da essere il luogo dove l'osservatore dee collocarsi. Voglio per tanto, che il primo vaso, che dee contenere l' acqua, sia come un gran catino in forma di mezzo orbe sferico, e che simile a questo sia il vaso minore, e solamente tanto più piccolo, che tra la convessa superficie sua, e la concava del contenente, non rimanga spazio maggiore della grossezza del dito pollice. Pel che accaderà che pochissima quantità d'acqua basterà per reggere il vaso interiore, non meno che se fusse costituito nell' ampio Oceano, siccome io dimostro nel mio trattatoGa naar voetnoot4) delle cose, che galleggiano nell' acqua, che veramente nel primo aspetto ha del maraviglioso e dell' incredibile. La grandezza di questi vasi dee esser tale, che l'interiore, e più piccolo, possa sostenere senza sommergersi il peso di colui, che ha da fare l'osservazioni, ed insieme il sedile e gli altri ordigni accomodati alla collocazione del Telescopio. Ed acciò che il vaso contenuto sia sempre separato dalla superficie del contenente senza toccarla mai, sicchè non possa esso ancora esser commosso nel modo, che esso contenente vien commosso dall' agitazione della nave, voglio che nella superficie interna e concava del vaso contenente, ovvero nella convessa del contenuto, si fermino alcune molle in numero d'otto, o dieci, le quali impediscano l'accostamento tra gli due vasi, ma non tolgano all' interiore il non ubbidire agli alzamenti, ed abbassamenti delle sponde del contenente. E se in cambio d'acqua volessimo porvi olio, tanto, ed anco meglio servirebbe, nè la quantità sarebbe molta; perchè due, o al più tre barili, sarebbero a bastanza. Potrebbe Vostra Signoria Illustrissima ed il Signor Ortensio farne un poco d'esperienza con due piccoli catini di rame, mettendo nel minore una quantità d'arena, purchè galleggiasse nell' acqua, e fermato uno stile eretto dentro ad essa arena commuovere il vaso esterno inclinandolo ora da questa, ed ora da quella parte; vedranno mantenersi sempre detto stile nella medesima positura senza punto inclinare, e massime se le inclinazioni del vaso contenente si faranno tarde, e con notabile intervallo di tempo tra l'una e l'altra, quali finalmente sono quelle delle gran navi. Ma Vostra Signoria Illustrissima tenga pure per fermo, che quando si comincia a porre studio nel praticare simili operazioni, non ci mancheranno uomini di tal destrezza, che col tempo si avvezzeranno a praticare queste operazioni senza altri artifiziosi preparamenti. Io feci già sul principio per l'uso delle nostre galere certa cuffia in forma di celata, che tenendola in capo l'osservatore, ed avendo a quella affisso un Telescopio aggiustato in modo, che rimirava sempre l'istesso punto, al quale l'altro | |
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occhio libero indirizzava la vista, senza farci altro, l'oggetto che egli riguardava coll' occhio libero si trovava sempre incontro al Telescopio. Una macchina simile si potrebbe comporre, la quale non sopra il capo solo, ma sopra le spalle e il busto del riguardante immobilmente si fermasse, nella qual fusse affisso un Telescopio della grandezza necessaria per ben discernere le piccole Stelle Gioviali, e fusse talmente accomodato rispondente all' uno degli occhi, che andasse a ferire nell' oggetto veduto dall' altro occhio libero, che col semplice dirizzar la vista al corpo di Giove l'altro occhio l'andasse ad incontrare col Telescopio, ed in conseguenza vedesse le Stelle a lui propinque. Quanto al secondo punto, che è del trovarsi Telescopj di maggior efficacia di quelli che si fabbricano costì, mi pare d'avere scritto altra volta, la facoltà di quello che ho adoprato io esser tale, che mostra primieramente il disco di Giove non irsuto, ma terminatissimo, non meno che l'occhio libero scorga il lembo della Luna, e così terminati mostra ancora i Satelliti di quello, e di grandezza tale, che all' occhio libero non si mostrano più grandi e distinte le fisse della seconda grandezza. E di più seguitando col Telescopio il movimento di Giove, essi Satelliti si vedono la sera innanzi, e la mattina dopo all' apparire o sparire delle fisse. E l'istesso Giove, seguitandolo col medesimo Telescopio, si vede tutto il giorno, come anco Venere, e gli altri Pianeti, e buona parte delle fisse. E qui giudichi Vostra Signoria Illustrissima ed il Signor Ortensio, quale immenso benefizio sia quello, che questo mirabile strumento arreca alle scienze astronomiche. Io non mancherò di mandare i vetri a Vostra Signoria Illustrissima e forse verranno colla presente, se però il mio artefice, che gli lavora, averà il comodo di fabbricarmene uno. E questo dico, perchè il Serenissimo Gran Duca mio Signore, invaghito di tali strumenti, tiene continuamente questo mio uomo appresso di sè, conducendolo sempre seco per tutte le terre e ville, dove Sua Altezza si trasferisce. Sicchè non mettano dubbio sopra la fabbrica e riuscita di tali ordigni. VengoGa naar voetnoot5) ora al secondo artifizio per accrescere in immenso le puntualissime osservazioni astronomiche. Parlo del mio misurator del tempo, la precisione del quale è tanta e tale, che non solamente ci darà la quantità esatta delle ore e minuti primi e secondi ma anco terzi, se la frequenza loro fusse da noi numerabile; e la giustezza è tale, che fabbricati due, quattro o sei di tali strumenti, cammineranno tra di loro tanto giustamente, che l'uno non differirà dall' altro, non solamente in un' ora, ma in un giorno, nè in un mese di tempo, pure d'una pulsazione di polso; ed il fondamento di tal fabbrica traggo io da un' ammirabile proposizione, che io dimostro nel mio libro de motuGa naar voetnoot6) che ora est sub praelo dei Signori Elzeviri in Leida; e la | |
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proposizione è tale: Se in un cerchio eretto all' orizzonte s'eccriterà dal toccamento la perpendicolare, che in conseguenza sarà diametro del cerchio, e dal punto del contatto, ovvero dal termine sublime del diametro, si tireranno quante si vogliano corde, sopra le quali s'intendano scendere mobili, come sopra piani inclinati, i tempi dei loro passaggi sopra tali corde, e sopra il diametro stesso, saranno tutti eguali: sì che se, verbi grazia, dal contatto imo si tireranno sino alla circonferenza le suttese di 1, 4, 10, 30, 50, 100, 160 gradi, il mobile sopra tali inclinazioni e lunghezze scenderà per tutte in tempi eguali, ed anco in tutto il diametro perpendicolare. E questo accade ancora nelle parti delle circonferenze dei due quadranti inferiori, nelle quali, come se fussero canali, nei quali scendesse un globo grave, in tanto tempo passerà tutta la circonferenza dell' intero quadrante quanto se incominciasse a muoversi 60, 40, 20, 10, 4, 2, 0 un sol grado lontano dall' imo punto del contatto. Accidente in vero pieno di maraviglia, e del quale ciascheduno si può render sicuro col sospendere da un filo legato in alto un globetto di piombo o d'altra materia grave, e quello allontanando dallo stato perpendicolare, sin che si elevi per una quarta; che lasciatolo poi in libertà si vedrà andare e ritornare facendo moltissime reciprocazioni, grandi le prime, e poi diminuendole continuamente, finchè si riduca a non si allontanare più di un sol grado di qua e di là dallo stato perpendicolare; e camminando sempre per la medesima circonferenza vedrà le vibrazioni grandi, mezzane, piccole e piccolissime farsi sempre sotto tempi eguali. E volendone più ferma esperienza, sospendansi due simili globetti da due fili di eguale lunghezza, e flargato ed allontanatone uno per un arco grandissimo di ottanta o più gradi dal perpendicolo, e l'altro due o tre gradi solamente, e lasciatili in libertà, numeri uno le vibrazioni dell' uno dei penduli, ed un altro le vibrazioni dell' altro pendolo, che si troveranno congiuntissimamente numerarne uno cento, per esempio, delle grandi, quando appunto averà l'altro numerato cento delle piccolissime. Da questo verissimo e stabile principio traggo io la struttura del mio numeratore del tempo, servendomi non d'un peso pendente da un filo, ma di un pendolo di materia solida e grave, qual sarebbe ottone o rame; il qual pendolo fo in forma di settore di cerchio di dodici o quindici gradi, il cui semidiametro sia due o tre palmi; e quanto maggiore sarà, con tanto minor tedio se gli potrà assistere. Questo tal settore so più grosso nel semidiametro di mezzo, andandolo assottigliando verso i lati estremi, dove fo che termini in una linea assai tagliente, per evitare quanto si possa l'impediment dell' aria, che sola lo va ritardando. Questo è perforato nel centro, pel quale passa un ferretto in forma di quelli sopra i quali si voltano le stadere; il qual ferretto terminando nella parte di sotto in un angolo, e posando sopra due sostegni di bronzo, acciò meno consumino pel lungo muovergli il settore, rimosso esso settore per molti gradi dallo stato perpendicolare (quando sia bene bilicato), prima che fermi, anderà reciprocando di qua e di là numero grandissimo di vibrazioni, le quali per poter andare continuando secondo il bisogno, converrà che chi vi assiste gli dia a tempo un impulso gagliardo, riducendolo alle vibrazioni ample. E fatta per | |
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una volta tanto con pazienza la numerazione delle vibrazioni che si fanno in un giorno naturale, misurato colla revoluzione d'una stella fissa, s'averà il numero delle vibrazioni d'un' ora, d'un minuto e d'altra minor parte. Potrassi ancora, fatta questa prima esperienza col pendulo di qualsivoglia lunghezza, crescerlo o diminuirlo, sì che ciascheduna vibrazione importi il tempo di un minuto secondo; imperocchè le lunghezze di tali penduli mantengono fra di loro duplicata proporzione di quella dei tempi, come per esempio: Posto che un pendulo di lunghezza di quattro palmi faccia in un dato tempo mille vibrazioni, quando noi volessimo la lunghezza d'un' altro pendulo, che nell' istesso tempo facesse duplicato numero di vibrazioni, bisogna che la lunghezza del pendulo sia la quarta parte della lunghezza del' altro. Ed in somma, come si può vedere coll' esperienza, la moltitudine delle vibrazioni dei penduli da lunghezze diseguali, è sudduplicata di esse lunghezze. Per evitar poi il tedio di chi dovesse perpetuamente assistere a numerare le vibrazioni, ci è un assai comodo provvedimento in questo modo; cioè facendo che dal mezzo della circonferenza del settore sporga in fuora un piccolissimo e sottilissimo stiletto, il quale nel passare percuota in una setola fissa con una delle sue estremità, la qual setola posi sopra i denti d'una ruota leggerissima quanto una carta, la quale sia posta in piano orizzontale vicina al pendulo, ed avendo intorno denti a guisa di quelli d'una sega; cioè con uno dei lati posto a squadra sopra il piano della ruota, e l'altro inclinato obliquamente, presti questo offizio, che nell' urtare la setoletta nel lato perpendicolare del dente, lo muova, ma nel ritorno poi la medesima setola nel lato obliquo del dente non la muova altrimenti, ma lo vada strisciando e vada ricadendo al piè del dente susseguente. E così nel passaggio del pendulo si muoverà la ruota per lo spazio d'uno de' suoi denti, ma nel ritorno del pendulo essa ruota non si muoverà punto; onde il suo moto ne riuscirà circolare sempre per l'istesso verso. Ed avendo contrassegnati con numeri i denti, si vedrà ad arbitramento la moltitudine dei denti passati, ed in conseguenza il numero delle vibrazioni e delle particelle del tempo decorse. Si può ancora intorno al centro di questa prima ruota adattarne un' altra di piccolo numero di denti, la quale tocchi un' altra maggior ruota dentata, dal moto della quale potremo apprendere il numero dell' intere revoluzioni della prima ruota, compartendo la moltitudine dei denti in modo che, per esempio, quando la seconda ruota avrà dato una conversione, la prima ne abbia date 20, 30 o 40 o quante più ne piacesse: ma il significar questo alle Signori Loro, che hanno uomini esquisitissimi ed ingegnosissimi in fabbricare oriuoli ed altre macchine ammirande, è cosa superflua, perchè essi medesimi sopra questo fondamento nuovo di sapere che il pendulo, muovasi per grandi o per brevi spazi, fa le sue reciprocazioni egualissime, troveranno conseguenze più sottili di quelle che io possa immaginarmi. E siccome la fallacia degli oriuoli consiste principalmente nel non si essere sin qui potuto fabbricare quello che noi chiamamo il tempo dell' oriuolo tanto aggiustatamente, che faccia le sue vibrazioni eguali; così in questo mio pendulo semplicissimo, e non suggetto ad alterazione alcuna, si contiene il modo di mantenere sempre egua- | |
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lissime le misure del tempo. Ora intende Vostra Signoria Illustrissima, insieme col Signor Ortensio, quale e quanto sia il benefizio nelle osservazioni astronomiche, per le quali non è necessario far andare perpetuamente l'oriuolo, ma basta per l'ore da numerarsi a meridie, ovvero ab occasu, sapere le minuzie del tempo sino a qualche eclisse, congiunzione o altro aspetto nei moti celesti. Quanto alle Tavole dei movimenti dei Satelliti di Giove, e dal modo che io ho tenuto per calcolare e fabbricare l'Effemeridi, io non posso di presente interamente soddisfarle, attesochè mi trovo talmente impedito da una flussione nell' occhio destro, che mi toglie con mio grandissimo dispiacere il poter nè scrivere, nè leggere pur una sola parola, ed avendo bisogno, in grazia del Signor Ortensio, per stabilire le radici di tali movimenti, di rivedere le presenti costituzioni, per poter raggiustare i loro movimenti medj, ed oltre a questo riscontrare numero grande d'osservazioni fatte in molti anni continuamente da me; non potendo prevalermi nè punto nè poco della vista, è forza che io aspetti quanto piacerà alla mia mala sorte, che forse non potrebbero passar molti giorni. Quanto a quella parte, che mi tocca il dottissimo ed eccellentissimo Signor Martino Ortensio, cioè di poter cominciare a praticare il mio trovato in terra, per raggiustare le carte, e stabilire con somma precisione le longitudini delle isole, porti ed altri luoghi fermi; in questo fatto non ci è bisogno di Tavole, nè d'altre Effemeridi, ma si ricercano due osservatori, uno fermo nel primo meridiano, che pongo esser cotesto d'Amsterdam, e l'altro che vada di luogo in luogo facendo per tre, quattro, o sei notti le osservazioni delle congiunzioni, separazioni ed altri aspetti, tenendo esatto conto del tempo, che casca tra loro il mezzo giorno, e l'incidenze di tali aspetti, i quali mandati e riscontrati con i medesimi accaduti ed osservati, daranno la differenza dei meridiani, cioè la cercata longitudine. Converrà dunque avanti ogni altra cosa, che gl' Illustrissimi e Potentissimi Signori Ordini commettano, che in Amsterdam sia assegnato e preparato un osservatorio con gl' istrumenti necessarj per fare continue osservazioni, e che a questa carica sia eletto uomo scienziato in astronomia, diligente e paziente, quale sono stato io per molti anni, per ritrovare quello, che con fatiche veramente atlantiche ho conseguito. Per tale offizio so che in coteste parti non sono per mancare uomini idonei. Io però per quello, che ho potuto penetrare del valore del Signor Martino Ortensio, stimo ch' egli sarebbe non solamente attissimo per questo servizio, ma senza pari, o almeno senza superiore. Quando dunque questo Signore non recusi d'applicarsi all' impresa, io ad esso invierò tutto quello che resta per pienamente, e liberamente scuoprire agl' Illustrissimi e Potentissimi Stati ogni mia invenzione. E perchè quello, che appresso voglio soggiungere, è il punto principalissimo di tutta questa impresa, non resterò di replicarlo, benchè già ne abbia scritto con grande esagerazione. Comporti dunque Vostra Signoria Illustrissima che io replichi, che non solamente | |
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dell' imprese ed arti magne i principj sono stati tenui, e bisognosi che la solerzia e il continuo studio d'ingegni perspicaci vada superando col tempo le prime apparenti difficultà: ma questo medesimo è accaduto nell' arti minime e basse. Voglio per questo inferire, che non avendo io potuto comparire con un' arte già stabilita e perfezionata, poichè nè sono stato marinaro, nè anco ricercatore di luoghi remoti, però bisogna che gl' Illustrissimi e Potentissimi Stati si rimettano al giudizio di persone intelligenti, e volendo conseguire il desiderato fine, comandino che si dia principio ad una tanta impresa senza interromperla o ritardarla per quelle difficultà, che da principio s'incontrassero, imperocché tutte si supereranno, non se ne potendo incontrare alcuna, della quale molto maggiori non ne abbia l'umana industria superate. Io ho fatto elezione di presentare a costeti Illustrissimi e Potentissimi Stati il mio trovato più che a qualsivoglia altro Principe assoluto, imperocchè quando il Principe solo non sia bastante a capacitarsi di tutta questa macchina, sì come quasi sempre avviene, dovendosi rimettere al consiglio di altri, e bene spesso non molto intelligenti, quello affetto, che rare volte si separa dalle menti umane, cioè di non vedere con buon occhio esaltare altri sopra di sè stesso, cagiona che il Principe mal consigliato disprezza le offerte; e l'oblatore, in vece di premio e di grazie, ne riporta disturbo e vilipendio. Ma in una Repubblica, dove le deliberazioni dipendono dalla consulta di molti, piccol numero, ed anco un solo dei Potenti, e mezzanamente intelligente delle materie proposte, può far animo agli altri di prestare il loro assenso, e concorrere all' abbracciamento delle imprese. Questo aiuto ho io sperato dal favore e dall' autorità di Vostra Signoria Illustrissima e quando succeda che per suo consiglio si ponga mano all' impresa, io ne sentirò contento grande, benchè la mia gravissima età non mi lasci speranza di poter vedere i miei studj e le mie fatiche aver prodotto e maturato il frutto, che per me ne è per risultare al genere umano in queste due grandissime e nobilissime arti, Nautica ed Astronomia. Ho soverchiamente tenuta occupata Vostra Signoria Illustrissima la prego a scusarmi, ed a comunicare quanto scrivo col Signor Ortensio e col Signor Blauvio eletto pel terzo de' Signori Commissarj, salutandogli con riverente affetto per mia parte, mentre umilmente a Vostra Signoria Illustrissima m'inchino, e le prego da Dio il colmo d'ogni felicità. |
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